Ragazzi di Toscana

Alla vigilia della guerra in Toscana i bambini e i ragazzi sino a 14 anni erano quasi ottocentomila: i maschi erano un po’ più numerosi delle femmine. In tutte le altre fasce di età (esclusi gli anziani) le femmine erano invece in numero superiore. Come nelle altre fasce di età, anche in questa i dati variavano in maniera abbastanza significativa fra le varie province: in quelle più rurali i più giovani rappresentavano una porzione maggiore del totale della popolazione rispetto a quelle più urbanizzate. Non stupisce quindi che bambini e ragazzi fossero il 31 per cento del totale degli aretini (quasi un terzo) e il 29 dei grossetani, mentre erano solo il 25 per cento dei fiorentini e dei livornesi (solo un quarto). La diversa presenza rifletteva diversi modelli familiari e diverse attitudini delle società locali, e delle donne, verso il controllo delle nascite.

Tale diversità nel numero dei bambini e dei ragazzi si tradusse anche in una differenza sostanziale nella capacità di fronteggiare e resistere alle brutali esigenze della guerra, che aveva sottratto gran parte dei padri (e in genere dei maschi adulti) alle rispettive famiglie. Allo stesso modo, la maggiore presenza di bambini e ragazzi (nonché di anziani), maschi e femmine, poneva diversi carichi sulle donne giovani e mature delle stesse province.

 

 

 

L’eredità del fascismo

Come era avvenuto anche nel resto d’Italia, le ragazze e i ragazzi, così come le bambine e i bambini della Toscana erano cresciuti non conoscendo la libertà, in un regime contraddistinto da una forte cultura militaresca, che veniva imposta sin dalla più tenera età. Inoltre, la maggior parte di essi era stata mobilitata attraverso le organizzazioni giovanili del fascismo: Figli della lupa e Balilla (poi Gioventù italiana del littorio). Vivevano in una società dove la concezione dell’infanzia era ben distante da quella odierna o da quella esistente nelle democrazie occidentali.

Tutto ciò ebbe un peso sul modo in cui questi giovani furono in grado di affrontare la guerra.

 

 

 

 

Le assenze familiari e il lavoro

Allo scoppio del conflitto, i bambini e i ragazzi si trovarono ad affrontare sia l’assenza dei padri partiti per la guerra sia la minore presenza delle madri, costrette a provvedere alla cura e al sostentamento economico della famiglia.

Con l’inasprirsi delle ostilità e il peggiorare delle condizioni interne del Paese, molti bambini furono chiamati a partecipare con il lavoro al sostentamento delle famiglie, come talvolta avveniva anche in tempi normali.

 

Le difficoltà delle scuole

Anche dal punto di vista dell’istruzione il conflitto portò con sé problemi e difficoltà. Le scuole della Toscana continuarono a funzionare anche durante gli anni di guerra, ma con una frequenza ridotta e, a partire dal 1943, in condizioni sempre più precarie e con molte interruzioni. La precarietà, o meglio l’assenza, fu massima durante il passaggio del fronte.

Molte scuole furono requisite per accasermare le forze belligeranti, prima quelle del Reich nazista e della Repubblica sociale poi quelle degli Alleati; altre subirono danni ingenti durante le incursioni aeree o nel corso dei combattimenti, talvolta gli edifici scolastici furono anche utilizzati come ricovero per gli sfollati. Dopo il passaggio del fronte, molte scuole rimasero danneggiate e una parte risultò distrutta causando notevoli disagi e ritardando il ritorno alla normalità.

 

 

 

 

 

Il passaggio del fronte

Per i toscani, i disagi più grandi si ebbero tuttavia nel momento in cui la regione fu attraversata dai combattimenti. Tra il 1943 e il 1944, per molti ragazzi e bambini venne il tempo di confrontarsi con una quotidiana lotta per la sopravvivenza che si concretizzò nella ricerca di cibo e beni di prima necessità per sé stessi e per le loro famiglie, oltre che di riparo da bombardamenti e combattimenti. Molti patirono la fame, il freddo, fecero enormi sacrifici e spesso furono sfollati dalle loro case, alcuni caddero vittima dei bombardamenti o morirono nel passaggio del fronte.

 

 

Non pochi minori fecero esperienza diretta dei sacrifici e della violenza estrema del periodo: nomi di bambini e ragazzi compaiono nelle liste di morti delle stragi nazifasciste, altri seppero e sentirono parlare gli adulti di ciò che era successo.

 

 

Fra i ragazzi la guerra non sempre significò vittimizzazione. Anche in Toscana ci furono i “ragazzi di Salò”, che scelsero di combattere con la Rsi. E al contrario, molti giovani presero la via dei monti partecipando alla Resistenza in prima persona, nelle bande alla macchia, o anche solo aiutando le formazioni in vari modi, vivendo esperienze pericolose e avventurose di cui si sarebbero ricordati per sempre.

 

La guerra dopo la guerra

Il peso della guerra su ragazzi e bambini della Toscana purtroppo non scomparve con la fine delle operazioni militari, il conflitto lasciò dietro di sé ferite durature.

Molti, troppi, bimbi e ragazzi si invalidarono semplicemente camminando sui campi minati o raccogliendo quelli che ai loro occhi di ragazzi sembravano oggetti curiosi o addirittura giocattoli, e che invece erano mine o proiettili o residui di bombardamenti.

Non pochi alla fine della guerra si ritrovarono orfani di padre o di madre, o di entrambi, e altri, come abbiamo detto, invalidi o mutilati.

Tutti portarono addosso i segni del conflitto fino alla fine dei loro giorni.