La guerra lontana, la guerra in casa, la fine del conflitto

Un Paese già in guerra

Al momento dell’ingresso in guerra al fianco della Germania nazista, nel giugno 1940, l’Italia fascista era impegnata militarmente su vari fronti già da molti anni.

Dal 1935 all’entrata nel secondo conflitto mondiale, gli italiani avevano già conosciuto cosa fosse la guerra, anche se in conflitti distanti, di cui giungeva soltanto il racconto della propaganda di regime: l’invasione dell’Etiopia (1935-1936), l’intervento nella guerra civile spagnola (1937-1939) e l’occupazione dell’Albania (1939).

Anche in Toscana come nel resto d’Italia, a partire dal 1935, la popolazione aveva assistito a una lenta ma costante crescita della mobilitazione militare, che aveva portato in guerra decine di migliaia di giovani uomini.

Già dal 1939 ma ancor più dal giugno 1940, da quando Benito Mussolini trascinò l’Italia nei combattimenti della seconda guerra mondiale, queste partenze si moltiplicarono. Per dare un’idea, nel 1936 su 28.909 giovani toscani visitati nei distretti di leva, 16.297 furono i coscritti. Negli anni fra 1939 e 1943, la cifra dei toscani reclutati fu assai maggiore. Difficile dare un numero preciso, ma si trattò di un reclutamento che coinvolse ogni anno il doppio dei giovani normalmente reclutati in tempo di pace. Con il doppio delle famiglie coinvolte nella mobilitazione, la guerra divenne così una realtà.

Una guerra diversa

L’atmosfera fu subito assai diversa da quella degli anni precedenti, per tutte le toscane e toscani. Nonostante anche al tempo della guerre di Etiopia o di Spagna il regime avesse militarizzato la sua propaganda, con lo scoppiare del conflitto mondiale nel 1939 e con l’ingresso dell’Italia fascista nelle sue operazioni nel giugno 1940 la guerra entrò nelle case e nelle menti degli italiani, e dei toscani.

Si trattava di una guerra diversa da quella del 1915-1918 e il coinvolgimento delle popolazioni civili fu maggiore sin dal principio.

Inizialmente la popolazione italiana percepì la guerra come lontana. Le operazioni, a parte quelle contro la Francia nella primavera 1940, si svolsero in teatri distanti dalla Penisola: l’Africa orientale, l’Africa settentrionale,  i Balcani, poi persino la Russia. Per i toscani, fino agli inizi del 1943 il conflitto si palesò al massimo con qualche incursione aerea senza danni importanti.

Le notizie filtrate e deformate dalla propaganda del regime erano le uniche informazioni disponibili sulla guerra. Esse giungevano alla popolazione per le vie ufficiali del regime – dalla stampa alla radio –  anche se i racconti degli uomini che tornavano in licenza dai vari fronti contribuivano a bilanciare la visione proposta dal regime.

Gli effetti negativi del conflitto si fecero però sentire presto sul piano materiale della vita quotidiana. Il razionamento di molti beni di prima necessità e la penuria di materie prime cambiarono la vita dei toscani. Contestualmente il morale della popolazione calava, sia per la gravità di queste restrizioni sia per le notizie delle sconfitte maturate dal regime su tutti i teatri bellici. La già maturata sfiducia nei confronti del regime (dalla crisi del 1929 all’insoddisfazione degli ultimi anni Trenta, dalla legislazione antisemita alla stessa diffusa volontà di evitare la guerra) non poté che radicalizzarsi.

La Toscana in prima linea

A partire dal 1943 la guerra si avvicinò all’Italia, le condizioni interne si aggravarono molto e i generi di consumo iniziarono a scarseggiare sempre di più. Fra giugno e luglio, le forze anglo-statunitensi riuscirono a violare persino il suolo della Penisola; invadendo la Sicilia si avvicinava il crollo del regime.

Nello stesso anno la guerra si era già presentata nelle case dei toscani. A parte precedenti incursioni sul porto di Livorno, il 26 aprile 1943, un bomb group statunitense partito dal nord Africa colpì il centro di Grosseto nel giorno di Pasquetta causando decine di vittime, tra cui molti bambini.

A partire da quel momento i bombardamenti iniziarono a farsi frequenti in molti snodi nevralgici delle comunicazioni e della produzione industriale della regione. Porti (come Livorno), snodi ferroviari (come Arezzo), centri con industrie importanti (come Pistoia) furono martoriati da continue e pesantissime incursioni aeree.

Con la caduta del governo fascista e con l’arresto di Mussolini (25 luglio 1943) e l’armistizio di Cassibile (reso noto l’8 settembre), il conflitto s’intensificò. Le forze tedesche del Reich nazista avevano intanto occupato metà della Penisola attestandosi sulla linea Gustav fino al maggio del 1944, mentre nelle zone da loro occupate era stato istituito uno Stato collaborazionista: la Repubblica sociale italiana.

Nel frattempo, le forze anglostatunitensi avanzavano e a giugno 1944 fu liberata Roma.

Una regione diventata centrale, e la sua Resistenza

Tra il 1943 e il 1944, la Toscana si trovò in tal modo investita direttamente dalle operazioni militari e dalla guerra.

Mentre l’occupante tedesco sfruttava ampiamente le risorse della regione e preparava una nuova linea difensiva a nord (la Linea Gotica), su cui si sarebbero attestati dall’autunno del 1944 fino alla fine della guerra, la Toscana conobbe la guerra in casa. La regione era divenuta strategica per la sopravvivenza dell’occupante nazista e per i suoi alleati della Rsi, sia dal punto di vista delle risorse economiche e materiali da sfruttare, sia per garantire l’integrità dei collegamenti del proprio fronte in continuo arretramento.

 

Nel frattempo la regione non rimase inerte. I nuclei antifascisti, controllati e repressi ma mai annientati dal fascismo, ripresero vigore. I partiti politici antifascisti si ricrearono nell’ombra. In tutta la regione cospicui gruppi di partigiani, spesso composti da giovani che avevano disertato le leve della Repubblica sociale, salirono sui monti e, collegati agli antifascisti delle città e dei borghi, ostacolavano la vita dell’occupante e colpivano i neofascisti della Rsi.

Lo sviluppo di un possente movimento clandestino di resistenza fu affiancato da scioperi e sabotaggi attuati dalla popolazione, che iniziò ad essere oggetto di ritorsioni, soprusi, violenze e stragi da parte dei nazisti e dei fascisti.

 

Una contraddittoria  e interlocutoria esperienza

Il passaggio del fronte comportò ulteriori sacrifici per i civili e sofferenze enormi per tutti, sia a causa dei combattimenti, dei bombardamenti e delle violenze mascherate da rappresaglie, sia per la penuria di viveri e beni di prima necessità come legna e carbone per il riscaldamento domestico.

Gli anglostatunitensi picchiarono più duro con i bombardamenti, le truppe del Reich combattevano mentre le formazioni della Rsi terrorizzavano il fronte interno, gli antifascisti resistevano e i partigiani attaccavano. La popolazione civile sentì più forte la guerra.

Nell’estate del 1944, gran parte della regione fu liberata dal controllo del Reich e della Rsi, con l’eccezione della provincia di Massa e Carrara, che subì ancora molti mesi di sofferenze, dato che la guerra continuò a nord fino alla primavera del 1945.

Nella Toscana liberata, grazie all’impegno fondamentale della resistenza e dei Cln, comitati di liberazione nazionale, a cui contribuirono i partiti politici antifascisti ricostituiti, iniziò il cammino democratico di ricostruzione.

Con la regione in gran parte libera, molte toscane e molti toscani ritennero che la pace fosse tornata, ma la guerra non era finita. Con la Toscana diventata retrovia del fronte, fermo sulla Linea Gotica, si sarebbe dovuto attendere l’aprile 1945 e la Liberazione di tutta la Penisola perché la guerra finisse davvero.

Così come altri Paesi avevano vissuto nel 1939-1940 una esperienza contradditoria di illusoria ‘finta guerra’ (drôle de guerre) prima dell’assalto nazista, e così come dal settembre 1943 al giugno 1944 gli italiani del centro-sud avevano sperimentato una sensazione rovesciata di ‘altro dopoguerra’ (quasi un drôle de paix) mentre invece la guerra infuriava poco più a nord, i toscani vissero fra l’estate 1944 e l’aprile 1945 una contraddittoria e interlocutoria esperienza di “pace nella guerra”. I loro paesi erano liberi, ma le operazioni militari nell’Italia a nord degli Appennini continuavano.