La Liberazione, la pace, la democrazia: verso una Toscana nuova
Le Liberazioni
Tra la tarda primavera e l’estate del 1944 quasi tutte le città capoluogo della Toscana furono liberate.
Grosseto fu il primo capoluogo della regione a essere liberato grazie a un’azione della Resistenza locale che consegnò la città agli Alleati il 15 giugno 1944. La mattina del 3 luglio toccò a Siena: il corpo di spedizione francese entrò in città mentre i tedeschi si ritiravano senza combattere, dopo aver valutato l’impossibilità di attestarsi nel centro urbano. Arezzo fu liberata dai partigiani il 16 luglio. Tre giorni più tardi, il 19 luglio, insieme ai partigiani, gli statunitensi entrarono a Livorno, che era ridotta a un cumulo di macerie. Con l’11 agosto le forze della Resistenza di Firenze si sollevavano e dopo quasi un mese di scontri, furono liberati gli ultimi quartieri della città. Gravemente colpita dai bombardamenti, Pisa fu liberata dagli alleati il 2 settembre. Il 5 gli americani entrarono a Lucca, già liberata nei giorni precedenti dai partigiani. Il 6 i tedeschi abbandonarono anche Prato, lasciando dietro di sé i corpi di ventinove partigiani. L’8 le truppe sudafricane entrarono a Pistoia, già liberata dai partigiani.
Massa e il territorio della sua provincia rimasero al centro degli scontri della Linea Gotica per tutto l’inverno successivo, la città fu sfollata e ridotta in macerie. Venne liberata solo il 10 aprile 1945 e il giorno successivo gli Alleati entrarono anche a Carrara, già liberata dai partigiani.
Macerie
All’indomani della liberazione, le organizzazioni create dai partiti politici nel corso della Resistenza ebbero un ruolo determinante nella ricostruzione delle istituzioni. I Comitati di liberazione nazionale gettarono le basi per la nuova vita democratica e svolsero in ogni provincia toscana un importante lavoro di coordinamento nella riorganizzazione della vita politica e pubblica che vent’anni di fascismo e cinque anni di guerra avevano eroso.
Nonostante le prospettive di rinascita politica e civile che grazie al ruolo della Resistenza si palesarono a guerra ancora in corso, la Toscana uscì dal conflitto con ferite materiali e morali molto profonde.
Metà dei capoluoghi di provincia (Livorno, Massa, Pisa, Pistoia e Arezzo) avevano subìto danni ingenti e le macerie erano quasi ovunque.
Non diversamene era accaduto nei molti centri minori ma di una certa importanza, disposti lungo le principali linee di comunicazione stradale o ferroviaria.
Strade, ponti, ferrovie, stazioni, porti, acquedotti, linee elettriche e telefoniche, fognature, edifici pubblici, abitazioni private, fabbriche e altri siti produttivi avevano subito danni gravissimi.
La ricostruzione avrebbe richiesto un decennio di lavori e un enorme sforzo economico.
In questo quadro, non sorprende se accanto al disagio delle difficoltà materiali causate dalla distruzione, la guerra aveva lasciato dietro di sé una lunga lista di morti e feriti tra i civili e segni profondi nella mente e nel morale delle persone.
Una rinascita
Nonostante la situazione fosse grave e le ferite alla popolazione civile fossero state pesanti (in Toscana il numero dei morti civili rispetto a quello dei caduti militari fu particolarmente alto, anche rispetto ad altre regioni), o forse anche proprio per questo, le toscane e i toscani si diedero a ricostruire la propria regione sperando nel futuro.
Le elezioni amministrative della primavera 1946 diedero risultati articolati ma sostanzialmente compatti. A guardare i soli capoluoghi di provincia, Arezzo si diede un sindaco socialista, Lucca e Massa uno democristiano, e tutte le altre città (Firenze, Grosseto, Livorno, Pisa, Pistoia, Siena) si diedero un sindaco comunista.
Le forze che più esplicitamente delle altre si presentavano come progressiste e di sinistra ottennero nei grandi centri affermazioni importanti anche nelle elezioni per l’Assemblea Costituente del giugno 1946. Il territorio regionale era allora articolato in tre circoscrizioni elettorali. Il Partito comunista ottenne seicentomila voti, quello della Democrazia cristiana quasi cinquecentomila preferenze, quello socialista prese quasi trecentomila voti: su un totale di quasi un milione e ottocentomila voti, le molte altre formazioni politiche si dividevano quasi mezzo milioni di voti (ma si segnalano i circa centoventimila voti del Partito repubblicano, i trentamila del Partito d’azione, così come anche i più di settantamila del Partito dell’Uomo qualunque).
Era evidente che, a partire da quella data, la Toscana si sarebbe presentata per lungo tempo come una regione politicamente orientata a sinistra.
Repubblica!
Se non bastasse l’orientamento partitico, dai risultati del referendum istituzionale del 2 giugno 1946 si desume come la guerra avesse spinto le toscane e i toscani a guardare con fiducia verso un orizzonte non solo di ricostruzione ma anche di progresso.
Com’è noto, a livello nazionale il voto referendario nel quale gli italiani furono chiamati a scegliere fra monarchia e repubblica vide la prima riscuotere circa 10,7 milioni di preferenze mentre la seconda si affermò con 12, 7 milioni di voti. Archiviati vent’anni di fascismo e cinque di guerra mondiale, gli italiani avevano scelto la democrazia e la repubblica.
È interessante vedere i dati per la Toscana. Nel referendum istituzionale, i voti a favore della repubblica furono il 71,6 per cento mentre quelli alla monarchia si limitarono ad essere solo il 28,4 dei voti validi. Anche in questo caso il territorio regionale fu diviso in tre circoscrizioni. In quella Firenze-Pistoia, su 785.254 elettori, andarono alla repubblica 487.039; in quella Pisa-Livorno-Lucca-Massa Carrara, su 781.257 elettori, votarono per la Repubblica in 456.005; nella circoscrizione Siena-Arezzo-Grosseto, su 525.742 elettori, vollero la Repubblica 338.039.
Sui voti espressi validi, dovunque la Repubblica si affermò con percentuali del 71,70 e 73 per cento: proporzionalmente molto maggiori che nel resto del Paese.
Una regione nuova
In Toscana, l’affermarsi di una fiducia nel futuro e la chiara scelta repubblicana furono espresse in maniera chiara da uomini e, per la prima volta, da donne.
Votarono in tal senso sia i toscani in uniforme che erano tornati dai fronti o dalle prigionie, sia i toscani e le toscane che da civili, durante la guerra, avevano affrontato dure difficoltà. Per quanto la situazione di partenza delle varie province e dei vari strati sociali fosse – come abbiamo visto – assai diversificata, l’espressione politica che ne conseguì fra il 1945 e il 1946 fu abbastanza compatta. Non mancarono articolazioni, ovviamente, ma il profilo complessivo era chiaro.
Quello che qui si vuole sottolineare è che a tale risultato contribuirono non solo le minoranze politiche più impegnate, non solo i militanti politici dell’antifascismo storico, i nuovi partigiani discesi dai monti a liberare le città e i giovani che si erano mobilitati nel periodo della guerra.
Contribuirono a costruire una regione nuova, dopo vent’anni di fascismo e cinque di guerra, anche le popolazioni civili che avevano subito ed erano sopravvissute alla guerra.
Donne, ragazzi, anziani: toscani civili sotto la guerra, vittime civili di guerra, civili nella guerra totale di età, sesso e condizioni diverse avevano – insieme ai combattenti – fatto la loro scelta. La guerra, pur fatta di distruzioni e di morte, li aveva sospinti su una strada di fiducia e speranza.
Un tema, questo, che meritava di essere segnalato all’attenzione delle italiane e degli italiani di oggi, e che per molti aspetti attende ancora di essere studiato e capito nelle sue ragioni e dinamiche profonde.