Nel corso della seconda guerra mondiale, la vita quotidiana della popolazione civile in Toscana conobbe una serie di cambiamenti importanti e un progressivo e generale peggioramento qualitativo, in particolare negli ultimi due anni di guerra. I mutamenti più evidenti riguardarono tre aspetti fondamentali della vita di tutti i giorni: l’alimentazione e l’accesso ai beni di consumo, l’inasprimento delle misure restrittive e repressive, e la trasformazione dello spazio pubblico.
Alimentazione razionata: città e campagne
Come avvenne anche nel resto d’Italia, a partire dal 1940, per la popolazione della Toscana furono introdotte tessere annonarie personali che limitavano la quantità di beni di prima necessità (come pasta, olio e zucchero) acquistabili in un determinato lasso di tempo.
A ciascun comune di tutte le province toscane erano attribuite determinate quote di derrate che poi venivano distribuite alla popolazione secondo i quantitativi stabiliti dalle tessere.
Questo sistema generò malumori e malcontento sin dall’inizio della guerra per le difficoltà sempre presenti nell’approvvigionamento dei diversi comuni. Con il prolungarsi del conflitto il razionamento fu applicato non solo ai prodotti alimentari di base ma anche a molti altri beni di prima necessità.
Ovviamente, la situazione fu assai diversa da fase a fase, tra città e città, fra i vari ceti sociali.
La penuria alimentare si fece sentire maggiormente nelle città, nonostante fossero state sottoposte a sfollamento; in campagna non era difficile trovare in qualche modo le risorse occorrenti alla sussistenza. Ad ogni modo, fra città e campagna, il mercato nero fu spesso per molti l’unica fonte di approvvigionamento.
Una situazione sempre più difficile. Le forze tedesche occupanti
Nel corso del conflitto la situazione alimentare peggiorò notevolmente. Dopo l’occupazione e fino al passaggio del fronte, le autorità del Reich nazista iniziarono a requisire quantitativi sempre più ingenti di risorse e beni alimentari di prima necessità, sia per approvvigionare i soldati stanziati nella regione, sia per rifornire la madrepatria. Se ne occuparono i comandi dei reparti operanti sul suolo toscano e le autorità “amministrative” tedesche: le Militärkommandanturen.
Una situazione sempre più difficile. Le forze partigiane
Nel contempo, per questioni di sopravvivenza, le bande partigiane alla macchia furono a loro volta costrette a rifornirsi dai contadini o della popolazione locale. Ovviamente non c’è nessun paragone possibile fra le due richieste: quelle tedesche e quelle partigiane, quelle di grossi ed esigenti reparti regolari di migliaia di uomini, e quella di qualche centinaio di ‘ribelli’ alla macchia. Senza l’appoggio delle popolazioni contadine, nessuna banda antifascista sarebbe sopravvissuta: e invece resistettero sino alla fine, sino alla Liberazione di tutta la Toscana. Ciò detto, fu inevitabile che qui e là, anche su questo fronte, si creassero disagi e malumori, specialmente nei periodi invernali quando le condizioni di vita si facevano più dure per tutti.
Misure restrittive e repressive
Nello stesso periodo, la popolazione della Toscana fu sottoposta a un progressivo inasprirsi delle restrizioni relative alle attività pubbliche e private e delle libertà personali, già gravemente ridotte da molti anni di dittatura. La guerra portò con sé forme di controllo poliziesco ancora più severe di quelle attuate dal regime in tempo di pace.
Le limitazioni alla libertà di movimento, l’imposizione del coprifuoco, le norme per l’oscuramento notturno dei centri urbani furono soltanto alcuni dei provvedimenti che la popolazione dovette sopportare sino al passaggio del fronte.
Tali condizioni si inasprirono ulteriormente con l’occupazione tedesca e l’avvento della Rsi. Quando la guerra giunse sul territorio toscano, a questi disagi si unirono provvedimenti estremi che sconvolsero completamente la vita quotidiana della popolazione, come lo sfollamento forzato di interi centri abitati (si pensi a Livorno e Massa) o lo sfollamento di fatto di ampie aree di città che erano anche snodi delle principali comunicazioni viarie o ferroviarie (come Arezzo e Firenze).
La trasformazione dello spazio pubblico
Prima delle distruzioni e dei danni connessi al passaggio del fronte, o dello sfollamento, la guerra portò sul territorio toscano vari tipi di trasformazioni dello spazio urbano pubblico.
Già prima del 1940 erano comparsi, soprattutto nei grandi centri abitati, poderosi sistemi di allarme antiaereo muniti di sirene; la popolazione iniziò a fare i conti con un pericolo nuovo, proveniente dal cielo. Per lo stesso motivo si approntarono rifugi (sotterranei o non) per ospitare la popolazione nel corso dei bombardamenti e, attraverso un’apposita istituzione, l’Unpa (Unione nazionale protezione antiaerea), si tentò di dare un’organizzazione al sistema di protezione civile in caso di incursioni aeree.
Un’altra novità, per quanto minore, che contribuì a mutare la conformazione dei centri abitati e degli spazi urbani fu quella degli orti di guerra. Già con il primo anno di conflitto giunse dal regime la direttiva di sfruttare e mettere a coltura ogni metro utile di terreno, in particolare nei centri urbani; segno indiretto dell’inefficienza del sistema del vettovagliamento di guerra per le popolazioni civili. Di conseguenza, in molti comuni della Toscana, aiuole, parchi e spazi verdi di tutti i centri abitati, dalle maggiori città fino ai borghi più piccoli, furono coltivati tentando di renderli produttivi. Ma era possibile e soprattutto era sufficiente creare vere e proprie fattorie urbane con orti e piccoli allevamenti di animali da cortile? Tali provvedimenti erano solo il segno evidente del fallimento e dell’insufficienza del sistema di razionamento.
Nel frattempo, in molte località della Toscana, specialmente a Firenze, furono predisposti depositi sicuri per mettere in salvo la parte più preziosa del patrimonio culturale delle città. Alcuni edifici furono contrassegnati per segnalare agli aerei nemici l’assenza di obbiettivi militari. In alcuni casi, come a Siena, quando la guerra giunse alle porte, l’amministrazione della Rsi cercò di trasformare il centro abitato in una sorta di città-ospedale per far sì che la città fosse risparmiata. Per quanto l’obiettivo dei repubblichini senesi fosse politico, era in effetti in gioco la sorte di molti beni artistici che avrebbero potuto subire distruzioni prima e durante il passaggio del fronte.